Tubercolosi: tutto ciò che c’è da sapere

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Continua l’allarme tubercolosi in Italia. Roma e Milano le città nel mirino con rispettivamente 123 bambini contagiati (più una mamma) al Policlinico Gemelli e 179 casi positivi al contatto più 15 casi di infezione conclamata nella scuola elementare “Leonardo Da Vinci”.

Una situazione che desta preoccupazione e che riporta alla luce una delle malattie che erano ormai sopite da un po’, una di quelle quasi esclusivamente legate alle vicende storiche e letterarie. 

Così, mentre il Ministero della Salute si appresta ad avviare nuove campagne di prevenzione e a rivedere i protocolli di sicurezza negli ospedali e molto probabilmente anche nelle scuole, noi di wellMe.it vi forniamo una piccola guida su tutto ciò che c’è da sapere per essere informati.Cos’è?

La Tubercolosi, detta anche Tisi e in sigla TBC, è una malattia infettiva causata da micobatteri, nello specifico dal Mycobacterium Tubercolosis, noto come Bacillo di Koch. Interessa maggiormente i polmoni (Tubercolosi polmonare), ma può colpire anche l’apparato circolatorio, il sistema nervoso centrale, il sistema linfatico, l’apparato uro-genitale; ed ancora l’intestino, le ossa, i reni, le tonsille, il fegato, l’esofago, i vasi sanguigni e perfino la cute. Questa malattia possono contrarla persone di tutte le età, stato sociale e nazionalità e può colpire anche gli animali, specie quelli d’allevamento.Diversamente da altre patologie infettive, non ha un periodo di incubazione specifico: solitamente, dopo il contatto con il bacillo, il sistema immunitario riesce a contenere l’infezione eliminando i batteri; alcuni di essi però possono restare latenti nel corpo per lunghi periodi fin quando un indebolimento delle difese immunitarie dell’organismo da loro l’opportunità di moltiplicarsi e provocare le manifestazioni tipiche della tubercolosi.I dati statistici ed epidemiologici indicano che più del 90% delle persone che hanno contratto l’infezione tubercolare non svilupperanno mai la malattia; nel rimanente 10%, l’infezione può evolversi in patologia nel giro di qualche settimana così come molti anni dopo il contagio. Le persone immunosoppresse o giovani bambini sono maggiormente soggetti a sviluppare la malattia attiva.

Quali sintomi presenta?

La sintomatologia generale include febbre (soprattutto serale), pallore, brividi, sudorazione notturna, stanchezza facile, scarso appetito e perdita di peso. In caso di infezione polmonare si presentano, invece, sintomi più specifici come dolori al torace, tosse persistente (della durata maggiore a tre settimane) e perfino emissione orale di sangue.

L’infezione, però, può diffondersi dai polmoni ad altri organi causando diversi tipi di TBC, che presentano sintomi differenti a seconda della parte del corpo colpita, del micobatterio scatenante e del modo in cui reagisce il sistema immunitario.

In caso di infezione ai reni, ad esempio, è possibile che si verifichi anemia; nelle infezioni intestinali si possono avere reflusso gastro-esofageo, megacolon, stenosi intestinale, ernia iatale, stipsi e altri sintomi cardiaci e respiratori. Questa forma è spesso confusa e trattata come morbo di Crohn, celiachia o intolleranze alimentari.

Nonostante la tubercolosi extrapolmonare non sia affatto contagiosa può coesistere con la TBC polmonare che invece lo è se in una fase attiva.

Come si trasmette?

La tubercolosi si trasmette generalmente per via respiratoria attraverso il contatto della saliva, espulsa tramite starnuto, tosse, ma anche semplicemente mentre si parla. Solo in caso di TBC renale il batterio può trasmettersi attraverso le urine. Raramente la trasmissione avviene da madre a figlio durante la gravidanza o attraverso l’apparato gastrointestinale o le mucose.

Quindi le persone maggiormente esposte al contagio sono quelle che hanno contatti prolungati e frequenti con malati di tubercolosi. Altri soggetti a rischio includono persone che vivono in aree in cui la TBC è molto diffusa, persone che si iniettano sostanze utilizzando aghi non disinfettati, residenti ed impiegati in luoghi di raduno ad alto rischio, pazienti affetti da malattie come l’AIDS, persone che prendono farmaci immunosoppressori e personale di assistenza sanitaria che trattano pazienti di questo tipo. La TBC può essere trasmessa anche dall’ingestione di carne o latte bovino se il bestiame è infetto da tubercolosi.

La trasmissione può avvenire solamente da persone con TBC attiva. La catena di trasmissione può quindi essere interrotta isolando pazienti con la malattia attiva e iniziando un’efficace cura anti-tubercolare. Dopo due settimane di trattamento, le persone con tubercolosi attiva non resistente cessano di essere contagiosi. Se qualcuno viene infettato, saranno necessari almeno 21 giorni, o 3-4 settimane prima che questo possa trasmettere la propria malattia agli altri.

Come si diagnostica?

La tubercolosi può essere una malattia difficile da diagnosticare. Come prima cosa il medico provvede a fare una visita accurata per accertarsi dello stato di salute generale, anche alla luce della storia medica del paziente. Dopo fatto ciò, si potrà ricorrere al test cutaneo, lo strumento diagnostico più comunemente usato. Ne esistono di due tipi: il test Mantoux ed il test della Tubercolina. Qualora l’esito dei test risultasse positivo si procederebbe ad effettuare altri esami specifici per capire se lo stato della malattia è attivo oppure no.

Qualora necessario si passa ad esami più specifici, come la radiografia del torace, che può essere sostituita dalla tac – più dettaglita – e la broncoscopia. Se anche questi esami confermassero la positività si procederebbe con l’esame dell’espettorato (catarro). La conferma dei sospetti comunque può essere ottenuta attraverso gli esami ematochimici.

Una volta ottenuta la certezza della diagnosi, si dovrà procedere con il ricovero ospedaliero del paziente che sarà isolato e sottoposto al trattamento farmacologico adeguato.

Come si cura?

Per la cura della Tubercolosi sono fondamentali i farmaci antibiotici, in grado di guarire completamente questa malattia, potenzialmente anche mortale: i due più usati sono la rifampicina e l’isoniazide. Il trattamento antibiotico, diversamente da altre infezioni batteriche, deve essere protratto per periodi lunghi che vanno dai 6 ai 12 mesi, allo scopo di eliminare completamente i micobatteri dall’organismo.

È facile intuire, quindi, come una terapia del genere, anche così prolungata, porti con se importanti rischi: l’utilizzo combinato di questi due farmaci, ad esempio, potrebbe danneggiare, anche in maniera irreparabile, le cellule epatiche.

Fabrizio Giona

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Giornalista pubblicista, classe 1977, laurea con lode in Scienze Politiche, un master in Responsabilità ed etica di impresa e uno in Editing e correzione di bozze. Direttore di Wellme.it per tre anni, scrive per Greenme.it da dieci. È volontaria Nati per Leggere in Campania.