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Le donne sono troppo dure con loro stesse: troppo auto-critiche

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Affascinanti, intelligenti e di successo: il ritratto delle donne del XXI secolo. Ma anche troppo auto-critiche e sprezzanti verso loro stesse, sempre pronte a inseguire un’irrealistica perfezione.

Quindi stressate.

È uno degli aspetti negativi dell’evoluzione sessuale e la pressione del diktat moderno, che ci vuole sempre un passo avanti agli altri e sempre al top. A spiegare al gentil sesso il modo giusto di volersi bene e la chiave per raggiungere la felicità è la Dottoressa Kristin Neff, Professore Associato in Sviluppo Personale dell’University of Texas (USA), pioniera degli studi sull’ “auto-compassione“.

Le donne, come dimostrano alcune ricerche, sono generalmente più gentili, più attente e empatiche nei confronti degli “altri” rispetto agli uomini. Ma al tempo stesso più avare e severe verso loro stesse, con un continuo bisogno di sentirsi speciali. Il messaggio che le donne ricevono forte e chiaro dalla nostra cultura è che gli altri sono più importanti di se stessi “, afferma la dottoressa Neff, spiegando il nesso logico che c’è tra questo tipo di comportamento e la società attuale.

Ricorriamo sempre più spesso agli antidepressivi e siamo depresse 2 volte di più dei maschi. Ma perché siamo così dure e avare nei nostri confronti? Colpa dell’autostima, assicura la Neff, ma anche della pressione che ci viene da una società sempre più competitiva. Essere perfette, sempre e ad ogni costo, come le donne gentili, affabili e bellissime di Stepford nel film con Nicole Kidman.

Nasce così, dalla cultura di questo secolo, la necessità di eccellere in tutto e sempre. Aspettativa che viene immancabilmente disattesa. E così l’umore sale e scende “come uno yo-yo impazzito“, dice la Neff, a seconda dei successi o dei fallimenti, dell’essere al centro dell’attenzione o dell’essere ignorate, dei complimenti o delle critiche.

Ma, fortunatamente, la soluzione è a portata di mano: sarebbe sufficiente considerare anche noi stesse come fallibili e comuni essere umani. Il primo passo è iniziare a essere gentili e “compassionevoli” con la propra persona. Non è una frase fatta, ma il frutto di ricerche che dimostrano come le donne disposte a perdonarsi più facilmente sono anche meno depresse, stressate e ansiose, quindi più felici e soddisfatte.

Come ho detto più volte nei miei studi accademici, l’ “auto-compassione” comprende l’essere gentili con sé stessi e auto-fornirsi maggior supporto e sostegno, con la stessa cura che si dedicherebbe ad una buona amica. Significa riconoscere che la condizione umana è imperfetta”. Ciò significa anche relazionarsi con i problemi con la giusta consapevolezza: non dobbiamo ignorare le nostre difficoltà, ma nemmeno ingrandirle.

La Neff punta il dito contro l’eccesso di autostima e gli effetti collaterali dell’auto-critica: “l’auto-compassione e l’auto-critica sono entrambe tendenze naturali, ma le loro implicazioni sono diverse. L’auto-critica intacca i meccanismi innati del nostro sistema di autodifesa perché quando ci auto-critichiamo siamo sia l’attaccante che l’attaccato. La battaglia contro noi stessi comporta il rilascio del cortisolo, l’ormone dello stress. Le ricerche dimostrano che con l’auto-compassione il cortisolo diminuisce, mentre aumenta l’ossitocina, l’ormone che ci aiuta a sentirci protetti, supportati e sicuri”.

L’auto-compassione non è sinonimo di auto-pietà o auto-commiserazione: è avere più cura, attenzione e rispetto per se stessi: “le persone più auto-compassionevoli raggiungono meglio i propri obiettivi e innescano meccanismi virtuosi, come maggior esercizio fisico o smettere di fumare, lo dimostrano le ricerche. E sono anche più pronte a farsi carico delle proprie responsabilità quando sbagliano“.

La dottoressa conclude spiegando che “l’aiuto è dentro di noi, è lì ogni volta che ne abbiamo bisogno, soprattutto quando le cose vanno male. Ma dobbiamo dimenticare il concetto che gli altri sono degni di attenzioni e cure e noi no.”

Insomma, secondo la Neff e la sua innovativa teoria, basata su ricerche scientifiche e test, smettendo di commiserarci e imparando ad accettare le nostre imperfezioni compiamo il primo passo verso il vero benessere: la felicità. Le donne dovrebbero sfruttare meglio la loro innata capacità di prendersi cura degli altri e direzionare un po’ di queste attenzioni anche verso sé stesse.

Roberta Ragni

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Giornalista pubblicista, classe 1977, laurea con lode in Scienze Politiche, un master in Responsabilità ed etica di impresa e uno in Editing e correzione di bozze. Direttore di Wellme.it per tre anni, scrive per Greenme.it da dieci. È volontaria Nati per Leggere in Campania.