Parto dolce: indolore grazie all’oppio

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Il parto, si sa, non è una passeggiata. Lo sanno le mamme, che prima di mettere al mondo i loro bebé devono quasi patire delle atrocità, ma in loro aiuto era già arrivata l’epidurale. Oggi, tuttavia, sembra che partorire possa diventare davvero indolore, grazie all’oppio.

Sperimentato a Firenze all’Ospedale Careggi, il remifentanil, un oppioide solitamente usato come anestetico, per addormentare chi si sottopone ad un intervento chirurgico, può essere utilizzato anche in sala parto.

Notevoli sono i vantaggi che ne derivano: in primo luogo, alla mamma viene somministrato per endovena, con dosaggi tale che le permettono di assistere da sveglia alla nascita del proprio bambino, in secondo luogo, vengono meno i rischi connessi all‘anestesia lombare, l’epidurale, ifine questa sostanza viene smaltita velocemente dall’organismo.

Osannata a lungo, tale anestesia rappresenta comunque un rischio, perché va iniettatata tra due vertebre lombari, fino a raggiungere una delle tre meningi che avvolgono il midollo spinale, la dura madre.

Secondo Anna Melani, responsabile del reparto di anestesia del dipartimento materno-infantile del Careggi, i risultati sono molto positivi: “Abbiamo già trattato circa 1000 donne, la prima è stata mia figlia. È un’alternativa sicura. Questo oppioide era già stato studiato e molto si conosce sui suoi meccanismi d’azione. Agisce rapidamente e altrettanto rapidamente viene eliminato dall’organismo“.

Mostra perplessità invece Guido Fanelli, esperto di antidolorifici, membro di un’apposita commissione ministeriale: “Il remifentanil crea un’anestesia dissociativa. Il paziente resta sveglio e non avverte dolore. Non dobbiamo dimenticare però che è molto potente, molto più della morfina e non è estraneo a complicanze. Oltre al fatto che può superare la barriera tra madre e feto. Insomma, definirla alternativa dolce mi sembra eccessivo anche perché è un analgesico poco maneggevole. Mi chiedo inoltre se la sicurezza sia garantita anche nei casi in cui il parto si prolunga“.

I risultati dell’esperienza del Careggi sono stati pubblicati sulla rivista internazionale Anesthesia and analgesia.

Francesca Mancuso

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